«Abbiamo parlato troppe volte di diversity e di tetto di cristallo correndo il pericolo che diventino parole vuote. Bisogna passare dalle parole ai fatti». Esordisce così Silvia Belloni, avvocata, componente Osservatorio sull’efficacia delle norme di genere del Ministero della Giustizia, nel panel dal titolo «L’impatto di genere e le imprese».
Chi siamo
Il nostro impegno nei confronti della violenza contro le donne e i minori non inizia oggi. Abbiamo affrontato questo tema come professioniste, attraverso la nostra attività giornalistica, politica e nelle aule di giustizia. E come attiviste, in risposta alla crescita dei femminicidi e del fenomeno della violenza istituzionale. Individualmente e insieme, abbiamo contestato il disegno di legge 735 “Norme in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità” presentato nel corso della XVIII legislatura, abbiamo difeso madri che subivano (e continuano a subire) ingiustificati allontanamenti dai propri figli, abbiamo riconosciuto e seguito il tentativo di rinnegare diritti faticosamente conquistati dalle donne negli anni della cosiddetta second wave feminism. Abbiamo creato e partecipato a movimenti civici, comitati.
Rea è uno spazio di studio, perché la violenza maschile sulle donne, quella che si manifesta anche come esclusione dai luoghi decisionali, ha una matrice e una origine culturali, spesso ignota a entrambi, uomini e donne. Rea è uno spazio di analisi, un osservatorio per acquisire e comparare dati ed esperienze in Italia e in Europa. Rea è uno spazio narrativo per raccontare come la violenza maschile sulle donne sia diventata anche violenza istituzionale e contro i bambini e le bambine. Rea è uno spazio educativo, per contribuire a una cultura giuridica e politica che si faccia carico, nelle sedi competenti, del fenomeno della violenza sulle donne. Rea è uno spazio di mobilitazione.
La violenza
Il termine violenza, in latino violèntia, deriva dal latino vis (forza, vigore, possenza) e può essere definita come la manifestazione di un potere distruttivo che si scatena a partire da un diverso rapporto di forze.
La violenza maschile sulle donne è il risultato di una disparità di forze tra l’uomo e la donna, radicata in un mondo per lo più disegnato da uomini per uomini e che si vuole mantenere così. La violenza maschile sulle donne si manifesta soprattutto nell’ambito familiare o all’interno di una coppia, tanto da far parlare di violenza domestica. La violenza maschile sulle donne può essere fisica, psicologica, economica.
Quando coinvolge i figli, attraverso procedimenti civili per presunte responsabilità della madre nel rifiuto del minore a incontrare il padre con conseguente richiesta di collocamento in casa-famiglia e/o allontanamento dalla madre, la violenza maschile sulle donne diventa violenza istituzionale.
Violenza istituzionale
Parental Alienation Syndrome (PAS)
Quando ci si occupa di violenza domestica, si finisce per imbattersi nella cosiddetta PAS, ovvero una fantomatica sindrome da alienazione parentale.
Formulata nel 1985 dal controverso medico statunitense Richard Gardner, la PAS (Parental Alienation Syndrome) sottende la convinzione che un bambino o una bambina che rifiuta la relazione con un genitore, sia stato necessariamente manipolato dall’altro (tipicamente la madre). Gardner, nonostante lo millantasse, non era psichiatra e svolgeva la sua funzione di medico come perito presso i tribunali, in difesa di padri accusati di violenza e abusi sessuali.
Questi uomini per difendersi dall’accusa di violenza invocavano spesso la manipolazione dei figli da parte dell’altro genitore, ma non riuscivano a produrre le prove. Gardner escogitò lo stratagemma della malattia, perché la malattia non ha bisogno di prove. La “terapia” proposta per curare questa presunta “sindrome” consisteva in un’ordinanza del giudice che toglieva l’affidamento al genitore “alienante” (quello amato dal bambino) per darlo invece al genitore “alienato” (quello rifiutato dal bambino), una terapia che lui stesso chiamava “terapia della minaccia”. Per questa sua teoria, Gardner venne espulso a vita dalla Columbia University, con cui aveva un legame come medico volontario. Tuttavia, la sua “junk science”, come ben presto venne bollata negli Stati Uniti, nei tribunali attecchì, per poi diffondersi anche in altri Paesi come modalità di risoluzione degli affidi in cui vi era conflitto o violenza.
La PAS non fu mai riconosciuta come malattia dalla comunità scientifica né inclusa nelle classificazioni delle malattie (DSM e ICD). Gardner morì suicida, definito in un necrologio “un autentico mostro americano”, ma la PAS gli sopravvisse se non come malattia come strumento giudiziario.
Ne parlo
È un progetto editoriale che punta su inchieste e indagini sul fenomeno della violenza e sulla sua matrice culturale, quando non ideologica.
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"Ognuno ha il proprio passato chiuso dentro di sé come le pagine di un libro imparato a memoria e di cui gli amici possono solo leggere il titolo."
Virginia Woolf
Luca è un ragazzino di undici anni, ha tutti dieci a scuola dalla prima elementare. Luca ha una malattia autoimmune che, in condizioni di stress, comporta delle recidive. La mamma è sottoposta da otto anni a procedimenti giudiziari, due anni in più rispetto a quei sei anni stabiliti dalla legge Pinto come limite alla definizione […]
Progetti
Rea promuove e organizza iniziative, programmi ed eventi per contribuire a creare una cultura che superi l’atavica esclusione della donna da ruoli di leadership, al fine di realizzare quel percorso di empowerment che solo può rappresentare una solida base su cui avviare percorsi di uscita dalla violenza psicologica, economica e fisica. Promuove, inoltre, una corretta conoscenza del fenomeno della violenza istituzionale, che si manifesta attraverso l’allontanamento dei figli minori dal genitore che ha subito violenza per essere affidati al genitore violento o a una casa-famiglia.
Sono a rischio?
La violenza non è necessariamente dover andare a un pronto soccorso con un occhio livido. La violenza può essere psicologica o economica.
Violenza è subire – senza la possibilità di potersi difendere – offese, denigrazioni, diminuzioni, sfruttamento e umiliazioni. Violenza è non avere la possibilità di accedere a risorse economiche che si sono contribuite a costruire anche attraverso il lavoro di cura gratuito delle donne. Violenza è non ricevere un adeguato supporto – anche economico – nella cura dei figli.
Rea ti propone un test per verificare se sei a rischio violenza e, se lo sei, dove ti puoi rivolgere per chiedere aiuto.